Taormina: lo sguardo corre dall’invitante mare all’imponente Etna, come su un grande schermo naturale in Cinemascope. Il legame tra Taormina e il cinema è innato: a cavallo tra Ottocento e Novecento, quasi in concomitanza con l’invenzione dei fratelli Lumière, Taormina diventa la patria elettiva del barone Wilhelm von Gloeden, che lascia una suggestiva eredità visiva di fotografie e cartoline raffiguranti giovani siciliani vestiti da dei dell’Olimpo (luogo proverbiale per la Decima Musa) con splendidi panorami sullo sfondo: il suo studio è stato visitato, tra gli altri, da Oscar Wilde, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse.
E grazie alle sue immagini, una serie illustri di personaggi hanno voluto vedere dal vivo la “Perla dello Ionio”, contribuendo a creare un mito che continua: dall’imperatore tedesco Guglielmo II a David H. Lawrence, da Tennessee Williams a Greta Garbo, la “Divina”, prima star del cinema mondiale ad amare e frequentare spesso – in incognito – Taormina.
Nel 1955 nasce a Messina un festival cinematografico e in breve tempo Taormina ne diventa la sede fondamentale e ideale – con la complicità dello scenario irripetibile del Teatro Antico – per registi, attori, produttori, distributori che qui trovano un importante punto di incontro.
Anni fa, sulla Croisette di Cannes, Peter Fonda e Terence Stamp ricordavano di essersi incontrati durante il Taormina Film Festival del 1965. Peter Fonda amava crogiolarsi al sole, suonando la chitarra sulla spiaggia a due passi dall’Isola Bella: era venuto per incontrare Federico Fellini e discutere di un progetto, quello che due anni dopo sarebbe stato l’episodio “Toby Dammit” di “Tre passi nel delirio”. Il ruolo toccò invece a Terence Stamp, che divenne grande amico di Peter Fonda proprio grazie a quell’estate a Taormina: i due si promisero di lavorare insieme e ci riuscirono, 34 anni dopo, nel film di Steven Soderbergh “The English”.
Un’altra promessa celebre, poi mantenuta, fu quella di Woody Allen. Invitato fuori concorso al Festival di Taormina del 1971 con “Il dittatore dello Stato libero delle banane”, l’allora sconosciuto Woody Allen rimase folgorato dalla bellezza del Teatro Antico e si impegnò a volerlo come set, “tradendo” la sua amata Manhattan. Cosa che puntualmente avvenne, più di vent’anni dopo, con “La dea dell’amore” (interpretata da Mira Sorvino, poi ospite anche lei a Taormina): un privilegio, più unico che raro, di avere il Teatro Antico come cornice perfetta per la Settima Arte in cui girare le sequenze del coro greco guidate nel film da F. Murray Abraham.
Né va dimenticato Roberto Benigni, animatore scatenato – premio Oscar per la sua simpatia – nel ’79 di un’edizione “minore” del Festival, che poi volle tornare a Taormina con Walter Matthau per le riprese del “Piccolo diavolo” e ancora, nell’entroterra, per realizzare “Johnny Stecchino”. C’è anche chi ha percorso la strada opposta: Michelangelo Antonioni affidò alla scenografia di Taormina, dall’Hotel San Domenico alla baia di Naxos sullo sfondo, la conclusione di uno dei suoi capolavori, “L’avventura”, girato nel 1959 sempre tra le Eolie, Messina e Noto. Da allora Antonioni ha sempre esaltato il suo legame con la Sicilia e Taormina in particolare, presenziando assiduamente al Festival, accolto ogni volta con calore e ammirazione, con particolare entusiasmo nel ’91 quando Bernardo Bertolucci gli regalò una “Cariddi dorata” tra ovazioni speciali.
Un affetto che Antonioni consacrò anche in seguito presentando in anteprima al Teatro Antico il cortometraggio “Sicilia”. Anche Carlo Verdone, pluripremiato al Teatro Antico con i Nastri d’Argento, volle girare a Taormina nel 2007 una puntata del suo “Grande, grosso e… Verdone”. Ma anche una star del calibro di Robert De Niro, ospite d’onore a Taormina nel 2010, accettò la proposta del regista Giovanni Veronesi di partecipare a “Manuale d’amore 3” al fianco di Monica Bellucci.
Nel corso del tempo, l’unicità del palcoscenico del Teatro Antico ha portato anche a piccoli “miracoli”: come vedere Rainer Werner Fassbinder negli anni Ottanta insolitamente ma piacevolmente vestito con uno smoking impeccabile; ascoltare con assoluta emozione nel 1984, durante una “Festa per il teatro”, il “testamento spirituale” di Eduardo De Filippo, nella sua ultima apparizione pubblica, davanti al figlio Luca; nel 1990 applaudendo insieme sul palco i “5 colonnelli della commedia all’italiana” Monica Vitti, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman; divertendosi con Pedro Almodovar che si improvvisò nel ’94 perfetto padrone di casa del FilmFest tanto da accogliere il collega John Waters con un bacio scoppiettante; o ancora allo scoccare della mezzanotte tra il 2 e il 3 luglio 2000 a contemplare gli spettatori che illuminano la sala con le candele accese per fare gli auguri a Tom Cruise chiamato a ritirare uno speciale Nastro d’Argento; o emozionandosi nel Teatro Antico nel 2012 metaforicamente trasformato in stadio per assistere a Italia-Germania agli Europei, con Sophia Loren pronta a tifare in platea.
Nessuno avrebbe potuto immaginare che la kermesse taorminese avrebbe fatto tanta strada. Moda e cultura, mondanità e spettacolo, divismo e turismo, evoluzione sociale – nel segno del cinema – si mescolano nella storia dei primi 65 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica lanciata a Messina nell’agosto del 1955 da un gruppo di cinefili (tra cui Arturo Arena, allora vicepresidente dell’Associazione degli esercenti cinematografici) con sette film in programma – a inaugurare fu “Fuoco verde” di Andrew Marton – proiettati in uno dei luoghi più incantevoli della città, la “terrazza” sullo Stretto, in Fiera, di una famosissima all’epoca, l’Irrera a mare. Le prime e uniche presenze di rilievo furono le attrici Irene Genna, moglie di Amedeo Nazzari, e Brunella Bovo. L’obiettivo semplice era quello di creare una “Festa della cordialità”, con ambizioni promozionali.
Già dal 1956 la direzione della Rassegna passò – fino agli anni Ottanta – all’Ente Provinciale per il Turismo Peloritano, il cui presidente di allora, Michele Ballo, si dimostrò un ospite impeccabile fino al 1968, per poi delegare il ruolo a Giuseppe Campione, molto attento ai fermenti giovanili e culturali, mentre dal 1972 presidente dell’Ept fu Eugenio Longo e dal 1980 Ermanno Jannuzzi. E nel 1956 furono presenti Gabriella Pallotta e la ben più nota Sandra Milo. Dal 1957 un netto salto di qualità perché alle proiezioni di Messina si aggiunse Taormina come sede della cerimonia di consegna dei David di Donatello: la prima grande presenza internazionale di Ingrid Bergman, che si divertì a farsi riprendere dalla macchina da presa di Federico Fellini, filmandola a sua volta.
La cerimonia dei David divenne un appuntamento fisso al Teatro Antico e si rinnovò fino al 1980, passando il testimone a un altro grande riconoscimento del cinema italiano: i Nastri d’Argento del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici – fino al 1989 e poi stabilmente dal 2000 salvo qualche breve interruzione – consegnati ancora a Taormina. Tra i primi celebri vincitori dei Nastri al Teatro Antico ci fu Massimo Troisi nel 1981. Nel 1987, Giuseppe Tornatore ricevette il Nastro come regista esordiente con “Il camorrista”, emozionatissimo di ricevere un premio così importante (lo avrebbe vinto ancora tante altre volte) nella natia Sicilia. E in quello stesso anno un Nastro a un altro futuro premio Oscar, Roberto Benigni, premiato come protagonista di “Daunbailò”.
Per più di dieci anni la Rassegna continuò a dividersi tra Messina e Taormina: dal 1964 la manifestazione si svolse per la prima metà nel capoluogo, per proseguire e concludersi nella “Perla dello Ionio”, che ne divenne infine la location quasi esclusiva. A Messina a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, le proiezioni estive si trasformavano in ambite e desiderate “soirée”. La caccia all’invito iniziava con mesi di anticipo, le ragazze di buona famiglia sognavano l’abito da sfoggiare per l’occasione, gli uomini rimettevano in carreggiata l’immancabile smoking, oppure si davano da fare per trovarlo a noleggio. Per tutti gli altri, come oggi a Los Angeles o a Cannes o a Venezia, non restava che accalcarsi dietro le transenne per assistere all’ingresso dei più fortunati e soprattutto delle star del grande schermo.
A Taormina, il luccichio delle stelle brillava per la sera dei David, una vera e propria “notte delle stelle” quando migliaia di spettatori che riempivano la platea del Teatro Antico erano chiamati ad accendere le candele distribuite all’ingresso: uno sguardo da far venire i brividi. Nel 1958 ne rimasero affascinati, tra gli altri, Anna Magnani e Gina Lollobrigida, Sam Spiegel e Tennessee Williams, Vittorio De Sica e Vittorio Gassman, a cui in quell’anno fu conferito il Premio Olimpo per il Teatro, primo esempio della vocazione del Teatro Antico ad ospitare ogni forma di grande spettacolo che avrebbe portato, nel 1983, con l’attento lavoro dei componenti della Consulta di esperti coadiuvati dal Comitato, alla costituzione di “Taormina Arte” con le sue sezioni che comprendono, oltre al cinema, anche il teatro, la musica e le arti visive.
Anno dopo anno, nessuna delle star del momento, spesso fresche di Oscar, ha rinunciato a presenziare alla “notte delle stelle”: un cast hollywoodiano fantasmagorico potrebbe essere composto per un blockbuster prodotto da Darryl F. Zanuck, con protagonisti Cary Grant, Susan Hayward, Leslie Caron, Van Heflin, Anthony Quinn, Charlton Heston, Anthony Perkins, Audrey Hepburn, Gregory Peck, Linda Christian, Shirley MacLaine, Joan Crawford, Lana Turner, Yul Brynner, Cornel Wilde, John Huston, Cliff Robertson, Rex Harrison, Peter O’Toole, Rita Hayworth, Henry Fonda, Burt Lancaster, Peter Ustinov e molti altri. Senza tralasciare attori europei come Jean-Louis Trintignant, Melina Mercouri, Catherine Spaak, Alain Delon e naturalmente i beniamini italiani: Alberto Sordi, più volte protagonista al Teatro Antico con proverbiali “botta e risposta” estemporanei con il pubblico, Sophia Loren, Claudia Cardinale, Nino Manfredi, Monica Vitti, Ugo Tognazzi, Giulietta Masina, Marcello Mastroianni, Silvana Mangano, Stefania Sandrelli, Walter Chiari, Renato Rascel, Aldo Fabrizi, Antonella Lualdi, Franco Interlenghi e così via, i registi Mauro Bolognini, Luigi Comencini e Pietro Germi, i produttori Carlo Ponti, Dino De Laurentiis e Franco Cristaldi. Quasi tutti i grandi nomi del cinema si fermarono per qualche giorno, a volte solo per prendere parte al gran galà.
Ma non sempre: Marlene Dietrich, per esempio, fu la star d’eccezione a Taormina nel 1962 quando, per pochi mesi e ai limiti della legalità, fu aperto un casinò a Villa Mon Repos. Le star, e le innumerevoli “stelline” circostanti, erano spesso chiamate ad attraversare il Teatro Antico su una passerella – che partiva dall’adiacente Hotel Timeo – lungo il limite inferiore della platea in mezzo alla folla, tra centinaia di mani che volevano toccarle: per Marlene fu invece costruito uno scivolo apposito, che la portò, con grande effetto, al centro del palco.
La Rassegna era diventata un angolo di “dolce vita”, con tanto di “paparazzi” nostrani, il cui principe resta il “piccolo” Michelangelo Vizzini, mentre le spiagge di Mazzarò erano invase da bellezze straniere, dal look sfrontato e all’epoca considerate senza scrupoli. Uno dei vertici del divismo di quei tempi fu raggiunto quando Liz Taylor e Richard Burton arrivarono a Taormina da “Hollywood sul Tevere” nel 1967: le loro eccentricità sono ancora favoleggiate.
Tanti aneddoti, tanta enfasi, ricordi infiniti al limite del gossip, ma poca memoria in quegli anni di Rassegna di film via via proposti, schiacciati com’erano dalla mondanità. Così, il “vento del ’68” che soffiò – e non sempre di conseguenza – sui destini della Rassegna, fu inevitabile, anticipato dalla presenza di autori “impegnati” come Bernardo Bertolucci, affiancato nel ’65 da Adriana Asti, e più tardi Joseph Losey, Gillo Pontecorvo, Sergio Leone, Richard Brooks, Francesco Rosi. A Messina le proiezioni furono raccolte nella “Settimana del nuovo cinema”, animata da Sandro Anastasi, che lasciò spazio a film cruciali come “Antonio das Mortes” di Glauber Rocha, “Easy rider” di Dennis Hopper, “If” di Lindsay Anderson, seguiti da appassionati dibattiti coordinati dal critico Giulio Cesare Castello. Fu l’occasione per scoprire un nuovo cinema e le serate puramente mondane divennero oggetto di contenziosi, fino al loro definitivo annullamento nel 1971.
Anche a Taormina le cose erano destinate a cambiare: nel 1969 la manifestazione fu rinominata “Rassegna per la cooperazione cinematografica internazionale” con l’obiettivo di promuovere un cinema di spessore culturale e rilevanza sociale. E nel 1970 venne varata la sezione competitiva della Rassegna, il “Festival delle Nazioni”; primo vincitore del Cariddi d’oro “Non si uccidono così i cavalli?” di Sydney Pollack. Primo direttore artistico del Festival competitivo fu Gian Luigi Rondi, solo per quell’anno però: l’anno dopo fu chiamato a dirigere la Mostra Venezia (e ci sarà un bis); la direzione fu così affidata a Guglielmo Biraghi, che influenzò – riservando il concorso, denominato dal 1981 “Taormina International Film Festival” a lungometraggi esordienti e secondi nonché, dal 1987, alle nuove tendenze espressive del cinema contemporaneo – in modo determinante le scelte culturali della Rassegna per quasi vent’anni, fino alla fine degli anni Ottanta, quando anche lui fu chiamato a Venezia, mentre Rondi tornò a Taormina per un breve periodo.
La storia di Taormina si intreccia spesso con quella di Venezia: la Rassegna siciliana è considerata al secondo posto, per importanza, tra i Festival italiani, subito dopo la Mostra. Tre dei suoi direttori artistici – Rondi, Biraghi, Laudadio – hanno diretto entrambi i Festival in momenti diversi. E nel periodo in cui a Venezia il concorso fu sospeso, si ipotizzò che Taormina sarebbe potuta diventare la “Venezia del Sud”, il più importante festival cinematografico nazionale, con in più il tocco glamour dell’agognata diretta televisiva (trasmessa regolarmente, tranne quella del 1966, annullata in extremis tra le polemiche) della “notte delle stelle”, condotta da grandi “veterani” dello schermo televisivo come Lello Bersani, Mike Bongiorno e Pippo Baudo. Se a volte quello di Taormina rischiò di essere considerato il “festival ombrello”, tuttavia anno dopo anno, grazie al “Festival delle Nazioni”, riuscì a catalizzare l’attenzione su pellicole e autori importanti come ad esempio – oltre al già citato Woody Allen – Steven Spielberg (“Duel”), Alexander Jodorowsky (“La montagna sacra”), Theo Anghelopoulos (“The Play”). Arrivò anche la “nuova ondata” tedesca del “Neuer Deutscher Film”, con i primi film di Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders, Werner Herzog, Werner Schroeter. E in due edizioni “storiche” – nel ’75 con la vittoria di “Domenica troppo lontano” di Ken Hannan e nel ’76 di “Picnic a Hanging Rock” di Peter Weir (che nel 1979 riceverà il premio speciale Char ybdis per il decimo anniversario del Festival delle Nazioni) – si svelava, non solo in Italia, l’allora sconosciuta cinematografia australiana. Un legame ribadito da una ricca retrospettiva nel 1987 proposta insieme all’Australian Film Commission.
Come premio ai vincitori del Festival, venne scelta la figura mitologica di “Cariddi”, l’inquietante creatura che terrorizzava chi doveva attraversare lo Stretto dal versante siciliano, collegato a Scilla, sul versante calabrese. Un premio di derivazione mitologica anche ai migliori interpreti: la “Maschera di Polifemo”.
Il palmarès dei “Cariddi” si faceva sempre più notevole, così come la programmazione dei film fuori concorso della “Settimana del nuovo film”, firmati da autori come Pier Paolo Pasolini, Dusan Makavejev, Derek Jarman fino allo “scandalo” del ’76, dell’”Impero dei sensi” di Nagisa Oshima. Dal 1968 in poi anche il mondo delle star fece sentire i suoi cambiamenti: arrivarono le star del “nuovo cinema americano”, come Warren Beatty, Robert Altman, Jack Nicholson, Jodie Foster di “Taxi Driver”, ancora quasi bambina, appena più grande di Tatum O’Neal. E crebbe la schiera di presenze non hollywoodiane, come le attrici Vanessa Redgrave (arrivata con Franco Nero), Ingrid Thulin, Liv Ullmann, Verushka, Romy Schneider, e le registe Agnès Varda, Margarethe von Trotta e Jane Campion.
Del tutto inaspettata fu la crisi organizzativa del ’78 e poi del ’79, quando il Festival competitivo non si svolse nemmeno e perfino i David di Donatello vennero consegnati altrove. A Taormina non era ancora stato inaugurato l’attuale Palazzo dei Congressi e non esisteva una sede alternativa valida per le proiezioni, se non il Teatro Antico. Da una parte si cercò di superare lo stallo con un ritorno al passato, ospitando negli anni Ottanta – per l’ultima volta – di nuovo i David, in una serata importante perché monopolizzata, più che dagli attori, da autori del calibro di Andrej Tarkovskij, Rainer Werner Fassbinder, John Schlesinger e Marco Bellocchio. Tuttavia, in quel momento di crisi si delinearono i criteri per una svolta, con la creazione di “Taormina Arte” – come modello di raccordo per tutte le manifestazioni cinematografiche, teatrali, musicali, di danza, di arti figurative e video – mentre nell’81 il “Festival delle Nazioni” assunse la denominazione di “Festival Internazionale del Cinema di Taormina”, guidato ancora da Biraghi e destinato a pellicole opere prime o seconde.
Accanto al concorso nacque la “Settimana del cinema americano”, coordinata da Mario Natale, con l’intento di presentare una “vetrina” di pellicole “made in USA” o più commerciali per accontentare il vasto pubblico del Teatro Antico. Più tardi Enrico Ghezzi l’avrebbe chiamata “Cinema a venire”. Qui più di un film destinato a sbancare il botteghino – “007 – Bersaglio mobile”, “Cercasi Susan disperatamente”, “Pretty Woman”, “Thelma & Louise”, “Basic Instinct”, “Pulp Fiction”, “Il corvo” e così via – ebbe a Taormina il primo positivo test italiano. E ancora una volta l’obiettivo era quello di creare un “Film Festival”, che riunisse le diverse anime del grande schermo, invitando Gérard Depardieu, Robert Duvall, Ben Gazzara, Greta Scacchi, Kathleen Turner, Gabriel Byrne, Susan Sarandon, persino Steven Seagal e Kelly LeBrock, e al contempo “vecchie glorie” di Hollywood come Esther Williams, Glenn Ford, Cyd Charisse.
Era il periodo dell’incertezza di fine anni Ottanta, immortalato nel film “Private Visions”, diretto congiuntamente da Francesco Calogero, Ninni Bruschetta e Donald Ranvaud, girato durante l’edizione del 1988: una commedia che prende in giro la vita stessa di un festival cinematografico. Alla fine degli anni Ottanta la kermesse poteva anche iniziare a raccogliere i frutti di uno studio approfondito del fenomeno cinematografico, spesso autogestito da cineclub o gruppi spontanei di cinefili, comunque molto vivaci. Tra gli esempi di quel decennio restano i dibattiti su Marilyn Monroe, Alfred Hitchcock, Joseph Losey, Roger Corman; la riscoperta del regista Febo Mari; e infine la pubblicazione dei primi volumi sotto l’egida di “Taormina Arte”: “Brian De Palma – Il fantasma della cineteca”, “L’ultima onda – Immagini del cinema australiano degli anni ’70 e ’80”, “Peter Weir – Un cinema vissuto pericolosamente”, “Genere: al femminile – Registi e sceneggiatori nel cinema classico americano”, rispettivamente curati da Carmelo Marabello, Ninni Panzera, Filippo D’Angelo e Piera Detassis. Un’eredità complessa raccolta nel 1991 – dopo due edizioni di transizione dirette ancora da Rondi – dalla direzione artistica di Enrico Ghezzi, fortemente voluta dalla base dei cinefili. In otto anni di lavoro, Ghezzi ha trasferito nelle sale del Palazzo dei Congressi finalmente inaugurato e del Teatro Antico i suoi itinerari “blobbati”, fatti di “schegge”, “code di cometa”, omaggi, multimedia, registi inconfessati, grandi maestri, cartoon, documenti, filmati, copie di lavoro. Anni spesso difficili, per la ricorrente scarsità di risorse finanziarie s, ma in cui Taormina ha ritrovato il gusto di svelare grandi registi emergenti con i suoi “Chariddis”, in anticipo sugli altri Festival.
Per fare qualche esempio: nel ’91 la “Cariddi d’oro” andò a Mike Leigh con “Life is sweet” (la giuria era presieduta dal preside Jean Negulesco) e in concorso c’era anche “Riff Raff” di Ken Loach; nel 1992 Mohsen Makhmalbaf con “Ruzi ruzegari cinema” (presidente Samuel Fuller) prevalse, tra gli altri, su Claude Chabrol; nel 1993 la giuria presieduta da Robert Parrish premiò “Sonatine” di Takeshi Kitano, preferendolo a “El mariachi” di Robert Rodriguez, a “Calendar” di Atom Egoyan, a “Petrified Garden” di Amos Gitai. Nell’impostazione voluta da Ghezzi, il concorso era solo un aspetto della ben più articolata struttura del festival, in cui via via trovavano posto progetti mirati e intuizioni estemporanee: da uno spettacolo di Franco Battiato alle incursioni di Piero Chiambretti, dalle proposte di Tatti Sanguineti ai dialoghi con i protagonisti del cinema, anche quando non avevano un nuovo film da proporre.
Anche quando il Festival di Taormina fu costretto a edizioni molto ridotte, prima nel ’95 e poi addirittura trasferito a fine dicembre nel ’96 (unica edizione di fine autunno), non mancarono occasioni stimolanti: la mancata kermesse estiva del ’96, ad esempio, si trasformò in una sorta di riunione degli stati generali del cinema italiano, un mega-convegno a cui parteciparono Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci, Mario Martone, Dario e Asia Argento, Laura Betti e tante altre personalità vecchie e nuove della nostra cinematografia. E tornando alla normalità, nel 1997, il presidente della giuria Michael Cimino annunciò con orgoglio che per la prima volta un documentario, “The Saltmen of Tibet” di Ulrike Koch, era il vincitore del “Golden Charybdis”, in una competizione senza distinzioni tra fiction e non-fiction, anticipando una tendenza che si sarebbe poi consolidata in altre manifestazioni internazionali. Così, anche con Ghezzi, Taormina continuò a essere un’oasi quasi metafisica, un luogo di attraversamenti spontanei, animati – citando a casaccio – da John Malkovich, Aki Kaurismaki, Quentin Tarantino, John Boorman, Jane Birkin, Abbas Kiarostami, Francesca Neri, Ciprì e Maresco, Monica Bellucci. Fino a Matt Dillon, chiamato nel 1998 a tornare a dare “brividi” a Hollywood, in realtà più interessato a incontrare, nella quiete dell’Hotel San Domenico, Barry Gifford, lo scrittore di “Cuore selvaggio”, a progettare “City of Ghosts”, esordio alla regia di Dillon: ennesima creazione concepita a Taormina.
Dal 1999 al 2006 è la volta di Felice Laudadio di lasciare l’impronta della sua direzione artistica al “Taormina FilmFest”, come lo ribattezza. Nel 1999 il “Ciak d’oro” – per una sola volta nella Perla dello Ionio – ha il compito di ricreare la “notte delle stelle” ma il maltempo (evento più unico che raro) impedisce la cerimonia al Teatro Antico, costringendo Simona Ventura a presentarlo al Palacongressi.
Nel suo primo anno, Laudadio conferma lo schema consolidato, con proiezioni serali al Teatro Antico, intitolando la sezione “Grande cinema” e con la sezione dei film in concorso. Salvo poi optare dal 2000 per l’abolizione del concorso, varare la formula del “Made in English”, destinata ai film in lingua inglese, e istituire un nuovo riconoscimento, il “Taormina Arte Diamond Award”, assegnato a personalità come Norman Jewison, Melanie Griffith, Tonino Guerra, Liam Neeson, Miriam Makeba e tanti altri. Il momento clou, uno dei più intensi di tutta la storia del festival, della prima edizione del nuovo millennio fu la presenza di Tom Cruise, giunto in elicottero con il regista John Woo per il lancio europeo di “Mission: Impossible 2”.
Nel 2001, di assoluto impatto emotivo, la proiezione di “Apocalypse Now”, finalmente nella sua versione integrale, presentata dal direttore della fotografia Vittorio Storaro: mentre le immagini del capolavoro di Francis Ford Coppola scorrevano sul grande schermo del Teatro Antico, sullo sfondo l’eruzione dell’Etna completava uno spettacolo naturale unico. E Laudadio ha cercato di essere altrettanto vulcanico nei suoi anni di comando, variando più volte la formula nel tentativo di stare al passo con i tempi sempre più accelerati della globalizzazione. Ad esempio, accettando e stimolando l’avvento degli sponsor, fino ad arrivare alla denominazione di “Taormina BNL FilmFest”. Nessuna competizione, ma tanti riconoscimenti all’insegna della stima per grandi personalità a cui viene conferito il “Taormina Arte Award for Cinematic Excellence”, accompagnato dagli applausi del pubblico del Teatro Antico, andati tra gli altri a Robert Duvall, Joel Schumacher, Miklos Jancso, Marisa Paredes, Ornella Muti, Mariangela Melato, Michael Douglas, Antonio Banderas, Judi Dench, Virna Lisi, Victoria Abril, Malcolm McDowell, Hugh Hudson, Irene Papas, Bob Rafelson, Andie MacDowell. Nel 2003 Nino Manfredi, da sempre grande amico della Rassegna, avendo sposato anche la taorminana Erminia Ferrari, ha ritirato il premio dal maestro del cinema Gillo Pontecorvo e ha voluto dimostrare la sua felicità – in quello che sarebbe stato il suo addio al pubblico – improvvisando un balletto sul palcoscenico. E il nome di Nino Manfredi è ancora caro a Taormina grazie al premio a lui intitolato che viene consegnato al Teatro Antico durante la cerimonia dei Nastri d’Argento.
La vitalità della manifestazione è stata dimostrata con un ennesimo cambio di pelle: nel 2007 la direzione artistica è stata affidata alla giornalista americana Deborah Young, che stabilisce un doppio primato: è la prima donna a guidare la Rassegna ed è la prima (finora l’unica) non italiana. Nelle edizioni da lei dirette fino al 2011, Deborah Young ha seguito una linea guida precisa: dare un’identità al FilmFest nel segno della centralità mediterranea di Taormina e della Sicilia, riportando in auge il concorso, destinato però ai soli film dei Paesi del Mediterraneo. E, anno dopo anno, è stata dedicata una sezione speciale a ciascuna cinematografia dei Paesi del Mediterraneo: Egitto, Turchia, Francia (nel 2009 con un raffinato quartetto di dive transalpine: Catherine Deneuve, Dominique Sanda, Fanny Ardant e Barbara Bouchet), Spagna, fino ai Paesi del Maghreb. Naturalmente senza dimenticare le esigenze del Teatro Antico, dove non sono mancati i blockbuster made in USA, da “Transformers” a “Toy Story 3”, che hanno fatto debuttare nel monumento greco-romano gli occhiali necessari alla visione in 3D. Sotto la direzione di Deborah Young, è nato il Campus per gli studenti che affollavano gli spazi del FilmFest per seguire le “Lezioni di cinema” di illustri protagonisti del grande schermo. Due nomi su tutti: Robert De Niro e Oliver Stone.
Dal 2012 al 2016 le edizioni del Taormina FilmFest sono state affidate alla direzione generale di Tiziana Rocca, coadiuvata nella selezione dei film prima da Mario Sesti e poi da Jacopo Mosca e Chiara Nicoletti. Grande attenzione è stata rivolta alla presenza di ospiti d’onore di rilievo: da Sophia Loren a Claudia Cardinale, da Giuseppe Tornatore a Monica Guerritore, da Russell Crowe a Terry Gilliam, da Meg Ryan a Jeremy Irons, da Paola Cortellesi a Sergio Castellitto, da Ornella Muti a Carlo Verdone e così via fino a Richard Gere e Susan Sarandon, non solo del grande schermo ma anche della tv (il “Beautiful” Ronn Moss, la “Grey’s Anatomy” Ellen Pompeo), con una scelta accorta di proiezioni al Teatro Antico per accontentare il grande pubblico, ma anche efficaci “Taoclass” per incontri, oltre che con i già citati, anche con i freschi premi Oscar Patricia Arquette, Marco Bellocchio, Harvey Keitel, Thierry Frémaux, Oliver Stone, Jeremy Renner, Rupert Everett, Claudio Bisio, Fabio De Luigi, Carlo ed Enrico Vanzina, fino a Giovanna Ralli che ha annunciato il suo addio alle scene proprio a Taormina. nel 2015.
Invece, l’edizione 2017 ha seriamente rischiato di non aver luogo, per problemi di assegnazione dei vincitori del bando organizzativo, tra ricorsi e controricorsi. Ma il segretario generale di “Taormina Arte” Ninni Panzera ha ben volentieri coordinato una programmazione “in house”, senza proiezioni al Teatro Antico, ma con quattro giornate dense (e addirittura un’intera “Notte del Cinema”) di proposte dedicate al “made in Sicily” con Masterclass dell’attrice Isabella Ragonese e dei registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, presentazioni di libri e tanti film come “La prova” di Ninni Bruschetta con Angelo Campolo e “La divina Dolzedia” di Aurelio Grimaldi e Guia Jelo. Dal 2018 al 2022 l’organizzazione del Taormina Film Fest è stata affidata a Videobank – società di telecomunicazioni, leader in Italia e in Europa nei servizi di video broadcasting e uplink satellitare – da Lino Chiechio e Maria Guardia Pappalardo, che hanno coraggiosamente lanciato l’edizione numero 64 (nonostante il forte ritardo dell’assegnazione ufficiale) sotto il segno beneaugurante della splendida immagine del manifesto con Monica Vitti nel film “L’avventura”.
Con la direzione artistica di Silvia Bizio e Gianvito Casadonte – nonostante la kermesse abbia potuto godere del Teatro Antico solo nella serata finale e abbia dovuto svolgersi interamente nel Palazzo dei congressi – sono emerse con chiarezza le linee programmatiche, a partire dal ritorno del concorso con la presenza di una giuria tutta al femminile – presieduta da Martha De Laurentiis, con Maria Grazia Cucinotta, Eleonora Granata, Donatella Palermo e Adriana Chiesa – fino alla possibilità di confronto con personalità del cinema come Richard Dreyfuss, Terry Gilliam, Maria Sole Tognazzi, Monica Guerritore, Sabina Guzzanti, Matthew Modine e Rupert Everett. Lo stesso Everett, in questa occasione accompagnato dal costumista Maurizio Millenotti, ha tenuto particolarmente a presentare fuori concorso a Taormina il suo esordio alla regia, “The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde”, la cui messa in scena era stata lui stesso annunciata nel corso della FilmFest 2015: un’altra promessa mantenuta da Taormina.
Il Taormina Film Fest 65, dal 30 giugno al 6 luglio 2019, ha portato una bella novità: l’allestimento del primo vero red carpet della kermesse, su intuizione del consulente organizzativo Marco Fallanca, in una posizione strategica nel cuore della città di Taormina. Così Piazza IX Aprile, con la sua magnifica vista panoramica sulla baia di Naxos dominata dall’Etna, è diventata protagonista di suggestivi photocall, il più memorabile dei quali è stato sicuramente quello affollatissimo per l’ospite d’onore Nicole Kidman. Un’edizione con Bizio e Casadonte confermati alla regia e finalmente con la certezza di poter avere ogni sera la scenografia del Teatro Antico. Una bella locandina, con Stefania Sandrelli e Dominique Sanda nel film “Il conformista” di Bernardo Bertolucci, ha accompagnato le giornate del festival che hanno visto, oltre alla Kidman, Octavia Spencer, Peter Greenaway, Bruce Beresford, Phillip Noyce, Martha Coolidge, Julia Ormond, Dominique Sanda e Alessandro Haber.
Tra gli altri presenti anche Richard Dreyfuss, Marco Bellocchio e Pierfrancesco Favino, André Aciman, Julia Ormond, Paolo Genovese, Connie Nielsen, Carolina Crescentini, Daniele Luchetti, Dome Karukoski, e il cast di “Aspromonte” con il regista Mimmo Calopresti e Marcello Fonte tra i protagonisti. 81 anteprime in selezione e 9 anteprime al Teatro Antico, tra cui il record al botteghino “Spider-Man: Far from Home”. Anteprima assoluta di “Cruel Peter” del regista messinese Christian Bisceglia. Ripresentata la linea editoriale con sezioni competitive e premi Cariddi e Maschere di Polifemo, Oliver Stone presidente della giuria ha premiato “Show me what you got” di Svetlana Cvetko come miglior film, mentre la migliore sceneggiatura è andata a “Picciridda” di Paolo Licata.
Il momento di crescita così felicemente a Taormina è stato interrotto nel 2020, come nel resto del mondo, dagli effetti devastanti della pandemia di Covid-19. Videobank, che aveva già affidato la direzione artistica al grande attore Leo Gullotta e al regista Francesco Calogero, ha dovuto attendere fino all’ultimo momento prima di poter comunicare le date del Film Fest (11-19 luglio) che si è svolto con una interessante ma d’urgenza, formula ibrida tra il concorso, dedicato alle opere prime, al Palacongressi con spettatori distanziati, e la programmazione in streaming sul sito specializzato MyMovies.
In streaming interventi di vari cast e autori, tra cui Walter Murch, Giorgio Rights ed Elio Germano. Ma è stato ugualmente possibile organizzare due serate al Teatro Antico (con ingressi limitati a mille spettatori): inaugurazione dei celebri stilisti Dolce & Gabbana con l’anteprima del documentario “Devotion” di Giuseppe Tornatore, a loro dedicato, alla presenza di Monica Bellucci e del trio canoro “Il Volo”. E poi la cerimonia di chiusura, condotta da Leo Gullotta, con i premi alla carriera al tre volte premio Oscar Vittorio Storaro, al quattro volte candidato all’Oscar Willem Dafoe, alla star di “Game of Thrones” Nikolaj Coster-Waldau, protagonista anche dell’anteprima di “The Day We Died” (Krudttønden), e alla giornalista Laura Delli Colli. Sono state proposte tre sezioni con 42 anteprime da 29 nazionalità diverse (14 opere prime, 12 documentari, 11 film indipendenti). La giuria dei lungometraggi presieduta da Emmanuelle Seigner ha assegnato il Cariddi d’oro al danese “Onkel” di Frelle Petersen.
L’ultimo biennio di Videobank ha visto al lavoro un terzetto di direttori artistici: Alessandra De Luca, Federico Pontiggia e Francesco Alò. Il graduale ritorno alla normalità, mentre fortunatamente il contesto della pandemia si stava indebolendo, si era già fatto sentire nel 2021 (dal 27 giugno al 3 luglio) con l’inaugurazione al Palacongressi affidata a “Spazio Oltre” di Francesco Cannavà e la conclusione con la proiezione speciale di “Vedova Nera”. Ma fortunatamente si è potuto anche riavviare le serate al Teatro Antico a cui hanno partecipato, tra gli altri, Catherine Frot, Peter Stein, Valeria Golino, Michela Cescon, Anna Ferzetti, Francesca Michielin, Massimo Ghini (che ha ritirato il “Premio Nino Manfredi”). Oltre a Matilda De Angelis, premiata dalla giuria presieduta dalla regista Susanna Nicchiarelli con la Maschera di Polifemo come migliore attrice per il film “Atlante” di Niccolò Castelli. Il pluripremiato “Next door” diretto e interpretato da Daniel Brühl, come miglior film e miglior attore, mentre il premio alla regia è andato a “A classic horror story” di Roberto De Feo e Paolo Strippoli.
Nel 2022 il Taormina Film Fest 68 ha fatto rivivere emozioni speciali al Teatro Antico che è finalmente tornato alla sua normale capienza nelle serate di apertura e chiusura. Il 26 giugno è stato protagonista assoluto il magistrale Francis Ford Coppola, tornato a distanza di 50 anni sui luoghi siciliani delle riprese del capolavoro “Il Padrino”, proiettato per l’occasione nella versione restaurata da Paramou nt. Il 2 luglio Giuseppe Tornatore ha riproposto sul grande schermo il suo “Ennio”, sentito omaggio a Morricone, le cui musiche sono risuonate ancora una volta nel monumento taorminese, con lo showman Rosario Fiorello come ospite a sorpresa. Gli altri appuntamenti del festival sono stati allietati da Max Giusti che ha introdotto, in qualità di doppiatore, l’anteprima del popolare cartoon “Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo”, e da ospiti come Eva Longoria, Sofia Carson, Diane Warren, Ferzan Ozpetek, Marco Giallini, Isabella Ferrari, e alcuni dei calciatori (Fulvio Collovati, Beppe Dossena, Franco Selvaggi e Marco Tardelli) campioni del mondo in Spagna e protagonisti del suggestivo documentario “Italia 1982, una storia azzurra”.
Cristina Comencini, presidente della giuria, ha annunciato il trionfo dell’inglese “Boiling Point” diretto dall’attore Philip Barantini al suo esordio dietro la macchina da presa, che si è aggiudicato il Cariddi d’oro per il miglior film, il Cariddi d’argento per la migliore regia e anche la Maschera di Polifemo per il miglior attore Stephen Graham. Un meritato “Taormina Arte Award” speciale a Ninni Panzera, che si è congedato dopo 35 anni di apprezzata attività come segretario generale della manifestazione.
Un forte e deciso segnale di cambiamento nell’organizzazione è arrivato all’inizio del 2023. Era atteso da tempo, dopo lunghi anni di commissariamento in cui si sono alternati Pietro Di Miceli e Bernardo Campo, e lo statuto della “Fondazione Taormina Arte Sicilia” ha avuto così la sua completa e definitiva attuazione. L’onorevole Elvira Amata – Assessore al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana – con proprio decreto ha costituito il primo consiglio di amministrazione, che per disposizione statutaria è presieduto dal sindaco di Taormina, nominando Sergio Bonomo vicepresidente e i componenti Gianandrea Agnoni, Franco Cicero e Marcello Muscolino.
Il 28 febbraio il sindaco di Taormina Mario Bolognari ha potuto convocare la seduta inaugurale del consiglio di amministrazione che nelle settimane successive ha eletto l’architetto Ester Bonafede sovrintendente e il maestro Beatrice Venezi direttore artistico. Nonostante la ristrettezza dei tempi in vista della programmazione estiva 2023, Beatrice Venezi ha impostato un significativo programma di eventi lirici, sinfonici e da camera, di danza e di prosa e ha quindi proposto al consiglio di amministrazione la nomina di Barrett Wissman come co-direttore del Taormina Film Fest.
Il 29 maggio è stato eletto il nuovo sindaco di Taormina, l’On. Cateno De Luca, che diventa presidente della Fondazione Taormina Arte Sicilia. La 69esima edizione della rassegna cinematografica (dal 23 giugno al 1° luglio 2023) è dunque firmata dallo statunitense Barrett Wissman, manager culturale stimato a livello internazionale, che ha già anticipato le linee fondamentali della sua impronta artistica: niente più film in concorso al Palacongressi ma importanti retrospettive con proiezioni, ad esempio, di film diretti da John Landis, pellicole realizzate insieme da Willem Dafoe come attore e Abel Ferrara come regista, e una selezione di film del prestigioso catalogo Warner Bros che celebrano i 90 anni di attività produttiva.
Confermate, naturalmente, le seguitissime serate al Teatro Antico, affidate a titoli di estremo impatto come, ad esempio, “Indiana Jones e il quadrante del destino” (e si annuncia la presenza del cast, che annovera nomi come Harrison Ford, Antonio Banderas e Mads Mikkelsen) e “Jeanne du Barry” con protagonista Johnny Depp. Ma anche spazio ai linguaggi audiovisivi contemporanei ben conosciuti dai più giovani con un appuntamento con personalità di spicco dell’universo “social” come Bella Thorne e Khaby Lame. Inoltre, come ulteriore buon auspicio, si conferma il ritorno al Teatro Antico dei “Nastri d’Argento” del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici presieduto da Laura Delli Colli per onorare “La Stranezza”, film nazionale dell’anno, con ambientazione tutta siciliana, insieme al regista Roberto Andò e ai protagonisti Toni Servillo (che interpreta Luigi Pirandello), Salvo Ficarra e Valentino Picone.
Una programmazione brillante e articolata, encomiabile anche per la velocità di realizzazione in poche settimane, che ora è al vaglio del vasto pubblico e ha tutte le potenzialità, in vista della significativa celebrazione delle 70 edizioni del Film Fest nel 2024, per rivitalizzare nel migliore dei modi la grande avventura del cinema a Taormina.